venerdì 21 novembre 2025

La destra è tornata a odiare i giornalisti - Beppe Giulietti

SVEGLIA ITALIA


La farsa è finita. Dopo tanta ipocrisia e finta solidarietà la destra ha ripreso l’infinito processo contro Report e Sigfrido Ranucci. Dopo l’audizione nella sede della commissione Antimafia, il processo si è spostato nella commissione vigilanza della Rai: “Quali sono le sue fonti? Perché attacca solo la destra? Forse vuole candidarsi?”. Il solito repertorio, la consueta aggressività, le minacce di sempre, lo stesso torbido clima che ha preceduto le bombe e che costringe Sigfrido Ranucci a viaggiar sotto scorta.

Nulla è cambiato, nulla poteva cambiare perché questa destra odia i giornalisti che ancora fanno domande e osano persino fare inchieste sugli oligarchi al potere. Non sanno neppure che Report ha messo, legittimamente nel mirino, anche gli esponenti del centro sinistra e i loro governi. 

Non è certo colpa di Ranucci, se ogni giorno, si fanno trovare con le mani nel sacco, dal ponte sullo Stretto alle disgrazie di Totò Cuffaro, senza dimenticare la vergognosa vicenda del commissario della autorità per la privacy Agostino Ghiglia. Non possono sopportare che Report, da ultimo, abbia svelato la trama che ha portato alla multa della vergogna, invece di chiedere le dimissioni di Ghiglia, riprendono l’assalto contro Report.

Forse l’obiettivo è quello di buttarlo fuori dalla Rai? Anche perché sanno di poter contare sulla disponibilità dei vertici della Rai, composto da loro uomini di fiducia.

Speriamo che, almeno l’audizione di ieri, abbia convinto ogni singolo componente delle opposizioni che, con questa destra, non si possono fare accordi né sulla presidenza Rai, né sulla nuova legge per la nomina dei vertici del servizio pubblico. Piuttosto denuncino alla commissione europea le continue violazioni del Media freedom act, a partire dalle querele bavaglio, e chiedano vigilanza, ispezione e sanzioni.

Il fatto quotidiano, November-6-2025

lunedì 10 novembre 2025

Bocciatura della rottamazione 5 - Chiara Brusini

 

Le sanatorie seriali, ribadiscono le istituzioni indipendenti audite sulla manovra, alimentano la tendenza a non pagare il dovuto in attesa di nuovi sconti. Anche la nuova edizione comporta una perdita netta per le casse dello Stato. Il governo rivendica che è riservata a chi ha dichiarato tutto, ma non c'è "alcun meccanismo selettivo" che consenta di limitare il beneficio, a quanti sono in difficoltà economiche

Da Bankitalia, Corte dei Conti e Upb tripla bocciatura della rottamazione 5. Crippa (Lega) attacca solo i magistrati contabili: “Vivono su Marte”

La quinta rottamazione delle cartelle esattoriali, inserita dal governo Meloni nel ddl di Bilancio, incassa una bocciatura senza appello da parte di tutte le istituzioni indipendenti che hanno esaminato la manovra. I rappresentanti di Banca d’Italia, Corte dei conti e Ufficio parlamentare di bilancio, auditi giovedì dalle commissioni Bilancio congiunte di Senato e Camera, hanno concordato nel rilevare che il vizio di continuare a proporre sanatorie, condoni e definizioni agevolate ha indebolito la credibilità del sistema fiscale e rischia di alimentare l’evasione, mentre la riscossione continua ad arrancare. Il vice segretario della Lega Andrea Crippa ha ritenuto di commentare solo le valutazioni della magistratura contabile, finita nel mirino di Matteo Salvini per il giudizio negativo sul Ponte sullo Stretto: “La Corte dei Conti vive su Marte“, ha detto, “non si spiegano altrimenti i rilievi senza senso a una pace fiscale che non solo è necessaria, ma è anche doverosa per ridare ossigeno a milioni di cittadini, imprenditori e professionisti onesti”. Il sottosegretario di Stato alla Giustizia, Andrea Ostellari, dal canto suo ha tentato di negare che la sanatoria equivalga a un finanziamento dei contribuenti morosi. Il titolare dell’Economia Giancarlo Giorgetti, a margine della propria audizione, si è limitato a garantire che questa rottamazione sarà “l’ultima” e a sostenere che è solo “una sorta di spalmatura” per cui “non pensiamo di perdere gettito”.

Le sanatorie indeboliscono la percezione di certezza del prelievo”

“L’evasione fiscale danneggia la crescita e produce iniquità, sfavorendo le imprese e i cittadini onesti”, ha ricordato in audizione il vicecapo del Dipartimento Economia e Statistica di Bankitalia, Fabrizio Balassone, prima di ricordare che le rottamazioni varate a partire dal 2016 non hanno in alcun modo aumentato l’efficacia nel recupero di gettito – anzi “i pagamenti effettuati sono stati nell’ordine della metà di quanto dovuto” – finendo al contrario per “indebolire la percezione della certezza del prelievo e l’efficacia complessiva della riscossione”. In altre parole: più si rottama, meno si incassa. La quinta edizione non promette di meglio. Come sempre, a perderci sarà lo Stato: stando alla relazione tecnica della manovra, la nuova sanatoria comporterà una perdita di gettito di 1,5 miliardi nel 2026 e di 0,5 miliardi in media nel biennio successivo.

A perderci è ancora lo Stato

Anche la Corte dei conti, che da anni censura ogni intervento di premio a chi evade, nota che gli introiti attesi dal provvedimento (9 miliardi in un decennio) saranno in base alle previsioni dello stesso governo più che compensati dagli effetti negativi sulla riscossione ordinaria, quantificati in 9,7 miliardi. Poi spinge il giudizio ancora più in là, parlando esplicitamente di “rischio di moral hazard”, azzardo morale. Cioè il comportamento opportunistico di chi sa che non pagherà le conseguenze delle proprie azioni per cui è incentivato a rischiare ad agire in modo scorretto. Nel caso di specie, se un contribuente sa che lo Stato periodicamente “rottama” le cartelle o condona le sanzioni ha tutto l’interesse ad aspettare la prossima sanatoria che gli permetterà di saldare a condizioni più favorevoli. Il risultato, annota per l’ennesima volta la magistratura contabile, è che “l’effetto sul gettito netto a medio-lungo termine può addirittura risultare sfavorevole”. La rottamazione cinque non fa eccezione, per quanto il perimetro sia limitato dall’esclusione di chi non ha dichiarato (particolare che non è quindi “sfuggito” alla Corte, come ipotizzato da Crippa): Mauro Orefice, presidente di coordinamento delle Sezioni riunite in sede di controllo, ha detto che l’intervento “sconta, comunque, le criticità più volte sottolineate dalla Corte, e, in particolare, la possibilità che la misura possa ridurre la compliance fiscale, il rischio che l’erario possa diventare un ‘finanziatore‘ dei contribuenti morosi, incentivando l’omesso versamento come forma di liquidità, l’incertezza sugli effetti sui saldi di finanza pubblica”.

È un problema (anche) di equità: la misura favorisce chi è stato inadempiente rispetto a chi ha pagato regolarmente. Ma non solo: la Corte evidenzia un ulteriore effetto perverso, di natura economica: “La possibilità di una minore tax compliance può spingere alcune imprese a limitare l’esposizione della propria attività mantenendo una dimensione ridotta. Si riducono, in definitiva, gli incentivi alla crescita”. In sostanza, la serialità delle rottamazioni non solo crea un buco nei conti pubblici ma tende pure a cristallizzare il nanismo imprenditoriale.

Benefici anche considerevoli non limitati a chi è in difficoltà”

A completare la diagnosi arriva il parere dell’Ufficio parlamentare di bilancio. Sebbene “la propensione a evadere stia diminuendo”, ha detto la presidente Lilia Cavallari, il fenomeno resta “molto ampio (circa 100 miliardi nel 2022)” e il Ddl Bilancio “interviene solo marginalmente sul fenomeno”. La nuova rottamazione è “un condono limitato all’omesso versamento” e risulta più favorevole delle precedenti “dato che, oltre alla possibilità di estinzione del debito in un’unica rata, viene riconosciuto un allungamento dell’orizzonte temporale di pagamento, che può raggiungere un massimo di cinquantaquattro rate bimestrali”. In teoria, essendo riservata ai contribuenti che hanno dichiarato ma non versato le imposte, si rivolge a persone “le cui irregolarità potrebbero derivare da difficoltà economiche, che conducono all’omissione del versamento delle imposte dichiarate, o da errori nella dichiarazione”. Peccato però che non preveda “alcun meccanismo selettivo” che consenta di limitare il beneficio, “di importi anche considerevoli, solo a coloro in difficoltà economiche, finendo per configurare la misura come uno strumento di sostegno indiscriminato alla liquidità dei contribuenti più che di riscossione coattiva, anche in considerazione dell’allungamento del periodo di rateazione proposto”.

L’Upb ripropone poi un dettagliato riassunto di come sono andate le precedenti rottamazioni, che hanno fatto registrare tassi di decadenza – la quota di contribuenti che dopo aver avuto accesso alla definizione agevolata smette di pagare – fino al 70%. L’edizione del 2016, voluta da Renzi, ha sanato carichi per 28 miliardi con un incasso di 9, a fronte dei 19,7 attesi. La “bis” di Gentiloni, nel 2017, ha chiuso cartelle per 12,9 miliardi: si puntava a ricavarne 9,3, ne sono arrivati 3. La “ter” del governo Conte ha raccolto 8,9 miliardi, meno di un terzo dei 29,4 previsti. L’ultima, targata Meloni, ha visto aderire 3 milioni di debitori con debiti per 81 miliardi: al 31 dicembre 2024 ne erano stati riscossi 12,2 sui 52,8 attesi, anche se il bilancio è ancora provvisorio.

Si tratta di dati ben noti al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti, che aveva per questo fatto sapere di voler limitare la nuova edizione ai soli “meritevoli” lasciando fuori i recidivi. Il che non è successo. Nel frattempo, l’abnorme magazzino delle cartelle non pagate ha continuato a gonfiarsi, fino a superare i 1.200 miliardi. E l’agente della riscossione ha dovuto fare i conti con un “aggravio di attività” e sottrarre risorse all’ordinaria gestione. Al netto del probabile contrasto tra la nuova rottamazione e la riforma della riscossione messa in cantiere dal governo nell’ambito della delega fiscale, l’Upb conclude ricordando che “una valutazione più completa di questo tipo di interventi dovrebbe considerare anche gli impatti indiretti che aspettative su futuri condoni determinano sulla riduzione dei versamenti per adeguamento spontaneo, della riscossione ordinaria da attività di accertamento e di quella coattiva ordinaria”.

Il Fatto Quotidiano, November-6-2025

giovedì 6 novembre 2025

Sparate sorrisi - Silvana Stremiz





Allenatevi, con i sorrisi.

Spargeteli, seminateli, soffiateli nell'aria come bolle di sapone.

Spalmateli sugli occhi di chi dorme per sognare.

Picchiettateli sulle guance di chi ha appena pianto.

Recuperate i mezzi sorrisi, restauratene la luce.

Danzateli, urlateli, inventateveli, improvvisateli, sussurrateli.

Sparate sorrisi.

Viziateci i bambini.

Sorprendeteci i burberi, gli accigliati, gli imbronciati.

Fatene scorpacciate. 

Imparateli, imitateli, scopiazzate i migliori.

Apriteli, spalancateli, esibiteli, esponeteli, accendeteli.

E poi scioglieteveli in bocca e baciateci la vita…





Caso di Rovigo - meloni "la difesa è sempre legittima" - Ansa redazione



"La difesa è sempre legittima".

Lo scrive sui social la presidente del consiglio giorgia meloni commentando il caso di ieri del proprietario di un immobile a Rovigo che ha ferito un ladro durante una tentata rapina in casa sua e non è indagato in base alle nuove norme sulla legittima difesa.


Ansa, November-5-2025




Dall'altra parte dell'oceano - Il Foglio redazione

 



Euforia Pd, silenzio dei 5 Stelle: le reazioni della sinistra alla vittoria di Mamdani

"La politica della speranza vince sulla paura", Schlein e Avs elogiano la vittoria del nuovo sindaco di New York. Cauti Italia Viva e i riformisti dem: "Incarna tutti i rischi di una sinistra che si definisce soltanto per contrapposizione". M5s e Azione non commentano.

"Un bel risveglio negli Stati Uniti. La politica della speranza vince sulla politica della paura che individua solo nemici e capri espiatori", sono queste le parole di Elly Schlein poco dopo l'ufficialità della vittoria di Zohran Mamdani come nuovo sindaco di New York. E con la segretaria del Partito democratico esulta buona parte della sinistra italiana. Non tutta. Perché ci sono alcuni distinguo. Il Movimento 5 Stelle sceglie, per il momento, la strada del silenzio, come anche Carlo Calenda. Il leader di Azione però, durante la campagna elettorale aveva detto che Mamdani è riuscito a “tenere insieme con successo una parte di intrattenimento con l’azione sul campo dei volontari casa per casa". La maggior parte dei dem segue la linea della leader: Nicola Zingaretti, capodelegazione al Parlamento europeo, ha affidato ai social il suo messaggio parlando della vittoria di un politico che "ha scelto di ricostruire fiducia e di ridare voce ai più fragili", Chiara Braga, capogruppo alla Camera, ha ribadito che "non c'è niente di più progressista di tenere insieme speranze e ricette concrete". Ai festeggiamenti per il nuovo sindaco di New York si aggiunge anche Alleanza Verdi-Sinistra con Nicola Fratoianni che su Facebook ha scritto che il programma di Mamdani è "il nostro programma": "Ha proposto di mettere davanti gli interessi e i diritti della maggioranza delle persone. E la vittoria di Zohran significa che si può fare, negli Usa come in Italia".

 In Italia Viva invece si respira un clima di prudenza, come dimostrano le parole di Ivan Scalfarotto: “L’affermazione di Mamdani è un segno di estrema polarizzazione politica, presente anche in altri paesi. Difficile, in questo schema, fare politica in senso alto". La stessa aria si respira anche nell'area riformista del Partito democratico: la vicepresidente del Parlamento europeo Pina Picierno, infatti, aveva già detto che Mamdani fosse “una scommessa rischiosa” perché “incarna un tentativo genuino di rinnovamento a sinistra, ma anche tutti i rischi di una sinistra che si definisce soltanto per contrapposizione". Il senatore Filippo Sensi ha detto che durante la campagna elettorale il candidato democratico "ha saputo creare un’attesa e una mobilitazione che è andata ben oltre i confini di New York. E, tuttavia, parliamo pur sempre di un orto protetto del radicalismo. La campagna di Mamdani è stata un caso di scuola, obamiana come poche, dall’underdog al successo su scala globale". Ed è proprio questa la parola chiave per comprendere la reazione entusiasta di Schlein: la segretaria del Pd ha iniziato la sua carriera politica facendo la volontaria per la campagna elettorale di Barack Obama sia nel 2008 sia nel 2012, che si sono concluse entrambe con l'elezione a presidente del candidato democratico. E il nuovo sindaco di New York, visto come anti Trump dai dem, viene accostato proprio all'ex presidente americano anche per la novità che rappresenta: Obama è stato il primo presidente afroamericano della storia degli Stati Uniti, mentre Mamdani è il primo sindaco musulmano di New York.  

D'altronde non è solo Schlein a vedere delle assonanze tra Mamdani e Obama: è stato lo stesso ex presidente a chiamarlo nei giorni prima del voto promettendogli il suo appoggio, elogiando la sua campagna e offrendosi come “punto di riferimento” per il futuro. Secondo il New York Times, avrebbe parlato con Mamdani delle sfide legate alla formazione di una nuova amministrazione e alla costruzione di una struttura capace di realizzare il programma del candidato. Ma Obama non è il solo ad aver tifato, anche se non ufficialmente, per il neo sindaco: con lui ci sono stati anche i democratici più progressisti come Bernie Sanders e Alexandria Ocasio-Cortez, punti di riferimento della politica di Schlein. Da qui il suo entusiasmo, motivato anche dalle vittorie delle candidate democratiche Mikie Sherrill in New Jersey e Alice Spanberger in Virginia e del referendum del governatore democratico Newsom in California: "La sinistra torna a vincere con parole e programmi chiari su stipendi dignitosi, sanità davvero universale, sul diritto alla casa, sui trasporti e i nidi gratis per chi non ce la fa. Da tutta la comunità del Partito Democratico congratulazioni al nuovo sindaco di New York!".

Il Foglio, November-5-2025